L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha identificato la riduzione della assunzione di sale come una priorità per prevenire le malattie non trasmissibili. Il consumo giornaliero di sale dovrebbe essere limitato a meno di 5 grammi (corrispondenti a 2 grammi di sodio al giorno). Il Piano d'Azione Globale dell'OMS per la prevenzione delle malattie non trasmissibili raccomanda a livello di popolazione una riduzione relativa del 30% dell'assunzione media di sale/sodio entro il 2025 [1].
Mettere in pratica una riduzione di sale nei prodotti alimentari non è però affatto facile. Va infatti considerato che il sale, tradizionalmente utilizzato nell’industria alimentare per migliorare la conservazione dei cibi, viene usato anche come ingrediente per migliorarne il sapore (soprattutto nei cibi di scarsa qualità) [2]. Ciò nel tempo ha contribuito ad abituare tutti noi a un gusto “salato”, tanto che i cibi meno salati, oltre a essere poco disponibili, rischiano di non essere apprezzati.
In Europa, per promuovere e armonizzare gli interventi finalizzati alla riduzione dell’assunzione di sale, è nato nel 2007 il network d’azione OMS sulla riduzione del sale nella popolazione della regione europea (ESAN) cui partecipano 23 paesi [3].
In tale ambito sono stati definite 4 aree chiave su cui articolare i piani nazionali di intervento:
Su queste stesse aree di intervento è stato incentrato il ‘WHO European Food and Nutrition Action Plan 2015-2020’ [4] lanciato nel 2014 che include tra gli obiettivi principali la riduzione del consumo di sale.
Nell’ultimo decennio, la maggior parte dei paesi europei, tra cui l’Italia, ha messo in campo strategie multisettoriali per ridurre l’assunzione di sale nella popolazione. Un’ampia maggioranza degli interventi attuati a livello nazionale ha incluso il coinvolgimento dell’industria alimentare per ridurre il sale contenuto negli alimenti trasformati. Il pane è l’alimento maggiormente interessato, seguito da prodotti di largo consumo quali carne, cibi pronti, snack salati, salse, formaggio e zuppe [5,6].
Vedi la tabella riassuntiva degli interventi adottati dai Paesi europei (pdf 125 kb)
Gli esempi della Finlandia e del Regno Unito
Finlandia e Regno Unito si sono particolarmente impegnati in iniziative per la riduzione del sodio alimentare, diventando punto di riferimento per gli altri paesi.
In Finlandia le autorità sanitarie hanno raccomandato già dagli anni Settanta una riduzione dell’assunzione di sodio con l’alimentazione, e promosso diverse iniziative in questa direzione. Oltre a numerose campagne informative per sensibilizzare la popolazione sull’importanza di ridurre il sodio, si sottolinea in particolare l’introduzione di un’etichetta obbligatoria per evidenziare i cibi ad elevato contenuto di sodio (superiore a soglie prestabilite) e di un logo “scelta migliore” per evidenziare le opzioni a basso contenuto di sale. Come conseguenza di tutto ciò, le aziende stesse hanno volontariamente ridotto il contenuto medio di sodio nei loro prodotti. Il monitoraggio delle quantità di sodio eliminate con le urine ha mostrato che in Finlandia tra il 1979 e il 2007 l’assunzione di sodio a livello della popolazione si è ridotta del 36% [5,7].
Nel Regno Unito le ampie campagne informative attuate dal 2004 al 2009, l’esplicitazione della quantità di sodio in etichetta e soprattutto gli accordi con l’industria alimentare che hanno gradualmente abbassato il contenuto di sale in oltre 80 categorie di prodotti, hanno portato già nel 2008 ad una importante riduzione del contenuto di sodio in cibi di largo consumo quali: cereali per la colazione (-43%), pane in cassetta (-30%), sughi pronti (-30%), zuppe in scatola (-25%), biscotti (-45%) [4]. Il monitoraggio delle quantità di sodio nelle urine effettuato su campioni della popolazione ha mostrato nel Regno Unito una riduzione dell’assunzione di sale del 14,7% tra il 2001 e il 2011 [8,9].
In Italia si è iniziato dal pane meno salato
Anche in Italia sono state avviate iniziative che vanno nella direzione raccomandata dall’Oms e intrapresa dai paesi europei: il Ministero della Salute, in attuazione del Programma “Guadagnare salute” ha siglato nel 2009 e nel 2010 Protocolli d’intesa con Associazioni rappresentative della Panificazione Artigianale e Industriale per diminuire gradualmente il contenuto di sale nel pane ed ottenere una riduzione del 15% entro il 2011 [10]. Si tratta di una diminuzione che non viene praticamente percepita a livello di gusto, come dimostrano studi clinici [11], ma importante per prevenire molti casi di infarto e ictus. Infatti il pane è uno degli alimenti che porta a un maggiore consumo di sodio nell’arco della giornata: una sola fetta ne apporta circa 0,15 g, ma in genere ogni giorno se ne consumano diverse.
A partire dal 2010 è stata allargata la cerchia degli alimenti in cui è stata introdotta una riduzione del contenuto di sale. Sono stati infatti siglati altri Protocolli d’intesa tra il Ministero della Salute e Associazioni dell’industria alimentare per ridurre il contenuto di sale in alcuni prodotti industriali come gnocchi confezionati, primi piatti pronti surgelati, zuppe e passati di verdure surgelati; tale azione è stata rafforzata da ulteriori interventi di riduzione del contenuto di sodio che hanno coinvolto numerosi prodotti alimentari oltre a quelli rientranti nei citati accordi [10]. La riduzione del consumo di sale, inoltre, è un obiettivo centrale del Piano nazionale della prevenzione (PNP) 2014-2018, prorogato al 2019, perseguito dalle Regioni attraverso lo sviluppo di iniziative comprendenti, tra l’altro, accordi intersettoriali locali e attività informative per la popolazione e formative per gli operatori del settore alimentare.
Nell’ambito dei progetti Ccm “Minisal-GIRCSI” e “Meno sale più salute”, è stato stimato il consumo di sale in campioni di popolazione generale adulta italiana attraverso la raccolta delle urine delle 24 ore. I progetti erano innestati nell’indagine del Progetto Cuore Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey 2008-2012.
A distanza di circa 10 anni, nell’ambito del Progetto Ccm “Monitoraggio del consumo di sodio nella popolazione italiana”, innestato nell’indagine del Progetto Cuore Health Examination Survey 2018-2019, è stato stimato il consumo di sale in campioni rappresentativi della popolazione italiana adulta con la stessa metodologia utilizzata nell’indagine precedente. I risultati confronto tra i dati dell’indagine 2008-2012 e quella del 2018-2019 (13) hanno evidenziato una riduzione significativa del consumo di sale nella popolazione adulta italiana, incoraggiando le iniziative intraprese dal Ministero della Salute al fine di ridurre l'assunzione di sale a livello di popolazione attraverso il “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte sane ”Programma e il Piano Nazionale di Prevenzione.
Nel 2023 è stata avviata la successiva indagine nazionale sulla popolazione generale italiana, Italian Health Examination Survey – Progetto CUORE 2023, nell’ambito della quale è in corso la raccolta di campioni delle urine delle 24 ore e la valutazione del consumo di sale. Sono già disponibili i risultati sul consumo di sale relativi ai campioni di popolazione esaminati nelle seguenti Regioni nel 2023: Marche (pdf 1,2 Mb), Valle d’Aosta (pdf 1,2 Mb), Toscana (pdf 1,2 Mb), Calabria (pdf 1,2 Mb), Lombardia (pdf 1,2 Mb), Campania (pdf 1,2 Mb) e Puglia (pdf 1,2 Mb).
A livello mondiale la World Action on Salt, Sugar and Health (WASSH) - associazione nata nel 2005 con partner in 100 nazioni di diversi continenti - promuove la Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale (Salt Awareness Week) con l’obiettivo di arrivare alla graduale riduzione dell’introito di sale fino a meno di 5 grammi al giorno.
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