STUDIO RANDOMIZZATO
Come si può stabilire se un intervento sanitario - come ad esempio la somministrazione di un farmaco, un’alimentazione con limitato consumo di sodio o a basso contenuto di colesterolo, o ancora una campagna informativa sugli stili di vita - è realmente efficace? Bisognerebbe assegnare quell’intervento a un gruppo di persone, confrontandole con un gruppo simile che non lo riceve, verificando dopo un certo periodo di tempo se coloro che lo hanno ricevuto hanno un stato di salute migliore.
Questo è in estrema sintesi il principio di base su cui si fondano gli studi controllati, che vengono utilizzati per rispondere a domande del tipo: un farmaco o una alimentazione a basso contenuto di sodio riducono davvero il rischio di infarto e ictus? In questo caso lo studio dovrà essere progettato in modo da far assumere il farmaco o una dieta con poco sodio ad alcune persone, verificando se dopo un certo periodo di tempo ci sono stati meno infarti e ictus in questo gruppo di “intervento” rispetto a un gruppo di “controllo” dove ci sono persone che non hanno assunto il farmaco o che non hanno modificato il loro comportamento alimentare.
Per rendere valido questo confronto è necessario che i gruppi siano simili in partenza nelle loro condizioni di salute. Se ad esempio nel gruppo che assume il farmaco ci fossero le persone più anziane e malate e nell’altro i più giovani e sani, è evidente che qualsiasi confronto tra i gruppi per verificare gli effetti del farmaco non sarebbe equo e dunque sarebbe scientificamente non valido. Per questo, in uno studio controllato randomizzato la popolazione iniziale viene suddivisa in modo casuale (cioè appunto “randomizzato”) tra chi riceve l’intervento in questione e chi non lo riceve. In questo modo, è molto probabile che all’inizio dello studio i due gruppi (intervento e controllo) abbiano caratteristiche simili e siano perciò confrontabili: infatti, è difficile che quelli nelle condizioni di salute peggiori vadano a finire prevalentemente da una parte se la selezione è davvero fatta in modo casuale.
Nel caso di studi per la valutazione dell’adozione di stili di vita salutari, ad esempio campagne di prevenzione, si preferisce intervenire anziché sui singoli individui, su popolazioni diverse, aree abitative contigue, o comuni, o Regioni, possibilmente simili fra loro; un’area viene sottoposta alla campagna intensiva di prevenzione e l’altra viene lasciata alle normali attività di prevenzione e cura. Questo perché è molto difficile non influenzare familiari e persone che abitano vicino quando si tratta di trattamento individuale attraverso lo stile di vita.
Per valutare l’efficacia di un intervento sanitario sono dunque necessari studi randomizzati, che permettono di fare confronti tra popolazioni simili in partenza. Naturalmente, un unico studio potrebbe non essere conclusivo rispetto all’efficacia dell’intervento: è meglio avere a disposizione e valutare tutti gli studi randomizzati disponibili attraverso una revisione sistematica, valutando se hanno risultati simili tra di loro oppure no.
Per saperne di più
Leggi sul sito SaPeRiDoc (Centro di documentazione sulla salute perinatale, riproduttiva e sessuale) l’approfondimento: “Cos'è uno studio clinico controllato randomizzato?”
STUDIO OSSERVAZIONALE PROSPETTICO
Il fumo aumenta il rischio di tumore al polmone? Un’alimentazione con eccessive quantità di sodio aumenta il rischio di infarto e ictus? Per rispondere a questo tipo di domande bisognerebbe mettere a confronto un gruppo di fumatori e uno di non fumatori, oppure chi mangia cibi molto salati con chi fa più attenzione verificando, dopo un certo periodo di tempo (in questo caso dopo qualche anno), se i gruppi a confronto hanno un diverso stato di salute.
Gli studi di questo tipo si definiscono “osservazionali”: negli esempi sopra presentati i ricercatori che conducono lo studio “osservano” un gruppo di persone che fuma oppure che mangia più salato, senza intervenire cercando di modificarne le abitudini (come può avvenire in uno studio randomizzato): i ricercatori cioè non sono degli “sperimentatori”, bensì degli “osservatori”.
Negli esempi citati gli effetti sulla salute si valutano in modo “prospettico”, cioè si parte dalla differenza di esposizione al fattore che interessa (chi fuma e chi non fuma, chi fa attenzione al sodio e chi no) e si verificano le condizioni di salute nel tempo.
Il limite di questi studi è che, a parte la caratteristica che si vuole studiare (fumo, sodio o altro) i gruppi a confronto potrebbero avere altre differenze che incidono sul risultato finale: ad esempio, chi fuma potrebbe anche fare meno attività fisica, oppure avere una vita più stressante rispetto a chi non fuma, aspetti che potrebbero contribuire a condizioni di salute meno favorevoli. Nell’analizzare i dati di questi studi, i ricercatori cercano di tenere conto di queste circostanze attraverso dei metodi statistici, ma non sempre questo basta per capire in modo scientificamente valido qual è il contributo dell’aspetto o fattore che interessa (ad esempio, il fumo) sulle condizioni generali di salute. Negli studi randomizzati, invece, i gruppi a confronto hanno caratteristiche simili e ciò può aumentare la validità scientifica del risultato. Tuttavia in alcuni casi non è possibile realizzare uno studio randomizzato per motivi etici: nel caso del fumo, per esempio, non sarebbe etico sottoporre persone non fumatrici al fumo, sapendo a priori che potrebbe avere effetti dannosi sulla salute.
STUDIO OSSERVAZIONALE TRASVERSALE
Tra chi ha un’alimentazione con molto sodio la pressione arteriosa è più alta? Per rispondere a questa domanda si potrebbe decidere di “osservare” un gruppo di persone, raccogliendo dati su eliminazione del sodio e pressione arteriosa. Troveremmo che la pressione arteriosa è più alta quanto maggiore è il sodio assunto. In questo modo si è realizzato uno studio osservazionale trasversale: si è, cioè, osservato se esiste un’associazione tra sodio e pressione arteriosa facendo un sondaggio su un gruppo di persone, ma senza seguirle nel tempo come si sarebbe fatto in uno studio osservazionale prospettico. Ciò può essere un limite perché non permette di stabilire se una precedente esposizione a un fattore di rischio causa successivamente un problema di salute. Un simile studio può quindi suggerire delle ipotesi di ricerca, ma non dimostrare che una data esposizione o un fattore di rischio (sodio) causa degli effetti sullo stato di salute (ipertensione).
Appartengono a questo gruppo gli studi ecologici, osservazioni condotte su popolazioni diverse che presentano stili di vita fra loro diversi (per esempio alimentazione, consumo di sale) e sono caratterizzati da frequenza di malattia diversa. In questo caso non si valutano i dati di singoli individui ma si mettono in relazione i valori medi di popolazione, sia per i fattori di rischio che per lo stato di salute. Si tratta di dati in genere facilmente accessibili attraverso statistiche generali o registri che possono, come già detto, suggerire delle ipotesi di ricerca.
REVISIONI SISTEMATICHE
Per rispondere a un quesito clinico (ad esempio se un farmaco è più efficace di un altro nel prevenire o trattare una certa malattia, oppure se un’alimentazione con poco sodio o a basso colesterolo diminuisce il rischio di infarti o ictus) bisognerebbe analizzare tutti i principali studi che hanno affrontato il quesito, selezionando quelli scientificamente validi.
Questo è ciò che si fa in una revisione sistematica: si decide in base a quali criteri scegliere gli studi da valutare (ad esempio, in base al tipo di intervento, di popolazione e di esiti analizzati); si cercano gli studi con queste caratteristiche e si analizzano i loro risultati. Alla fine si traggono delle conclusioni, valutando se i vari studi considerati nella revisione concordano tra loro, oppure ragionando sulle loro differenze. Ovviamente, tra gli studi selezionati, sono quelli più rilevanti e scientificamente più validi a influenzare le conclusioni della revisione sistematica.
Una revisione sistematica può dunque aiutare a fornire un quadro trasparente e affidabile delle conoscenze disponibili. Una revisione non è sistematica se invece la scelta degli studi da analizzare viene fatta senza specificare e motivare dei criteri di scelta.
Per saperne di più
Leggi sul sito SaPeRiDoc (Centro di documentazione sulla salute perinatale, riproduttiva e sessuale) l’approfondimento: “Come valutare una revisione sistematica?”
Se in letteratura medico-scientifica sono disponibili più studi, simili nella metodologia, che intendono rispondere a uno stesso quesito clinico, per combinare i loro risultati si può decidere di utilizzare una tecnica statistica chiamata metanalisi. In questo modo è come se, partendo da diversi studi, se ne creasse uno unico i cui risultati possano aiutare a superare alcune incertezze che sono presenti nei singoli studi.
Ad esempio, se i principali studi che confrontano due farmaci giungono a conclusioni incerte, oppure non giungono alle stesse conclusioni, una metanalisi potrebbe aiutare a superare le incertezze. Naturalmente, è necessario spiegare in modo trasparente secondo quali criteri sono stati scelti gli studi da combinare che dovrebbero essere selezionati attraverso una revisione sistematica. È inoltre necessario che gli studi siano abbastanza simili tra loro negli obiettivi e nella metodologia per non “mischiare” tra loro studi troppo differenti. Infine, non tutti gli studi compresi in una metanalisi hanno la stessa importanza: il risultato di una metanalisi sarà maggiormente influenzato dagli studi che coinvolgono un maggior numero di persone.
Per saperne di più
Leggi sul sito SaPeRiDoc (Centro di documentazione sulla salute perinatale, riproduttiva e sessuale) l’approfondimento: “Cos’è una metanalisi?”
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